Il maestoso castello che si osserva di fianco alla chiesa del borgo conserva attualmente l’architettura di fine XIII inizio XIV secolo. Nato con la presenza di un ingresso levatoio, con fossato, è affiancato da un più antico recetto, anch’esso ad entrata levatoia. Sulla piazza antistante a queste imponenti costruzioni si erge massiccia la fortificazione che fungeva da scuderie per i cavalli e stalla dei bovi, recentemente acquisita nell’ambito delle sue proprietà da parte dell’amministrazione comunale.
Nel castro dicti loci calendaschi si conservano le due sale con caminata magna, precisamente la caminata magna inferiore e quella superiore così come testimoniano i documenti medievali. Il primo nucleo importante è il recetto, costruito per volontà del Vescovo di Piacenza, feudatario del luogo, nei primi anni del 1000. Il castello sorgerà un secolo dopo, quando l’importanza del porto sul Po, con passaggi notevoli di genti e merci, richiese protezione, guardia armata e riscossione di gabelle.
La famiglia che maggiormente resse questo feudo risiedendo nel maniero sappiamo con certezza dai documenti che furono i Confalonieri, infatti le carte notarili ci mostrano la loro presenza vivace e continua per quasi duecento anni (dal 1400 a quasi tutto il 1500).
Il 12 gennaio 1461 presso la Curia vescovile di Piacenza, alla presenza del preposto Paolo Malvicini de Fontana e dei notai piacentini Antonio Gatto e Pietro De Jerondi, si redigeva un atto che andava ad interessare il Dominus presbiter gulielmus de ferrariis rector ecclesie sancte marie de calendascho placentine diocesis ed il Nobilis vir Bernabos de confanoneriis filio divi ludovici e la nobilis donne Helena matris sue, ancora i Malvicini de Fontana con Magdalena, poi Antonio De Confanonerii che redigono questo instrumento publico di cambio terre con concessione di diritto irrigatorio. Terre casamentate et in parte canelate poste in burgo dicti loci calendaschi, andando ad interessare il cimitterius con le sue pertinenze e queste terre vengono cambiate con un jus cimitterii e un jus irrigandis, ove il flumen Raganella è il portatore di acque. Queste terre, dietro al castello, hanno adiacenze anche con i fossati sia del castello stesso che del ricetto pubblico. Le coerenze, infatti, vanno incipiendo strata introitus dicti riceti sive roche sive castri calendaschi. Ne deriva, quindi, un forte richiamo al castello ed al recetto quali edifici perfettamente distinti.
I Confalonieri, secolari feudatari di Calendasco – I Confalonieri hanno avuto il feudo di Calendasco per quasi duecento anni: è quindi importante poter mostrare anche come operarono sul territorio, desumendolo da alcune carte conservate negli Archivi di Stato di Piacenza ed in quello della Parrocchiale calendaschese.
La Casata Nobile dei Confalonieri dalla quale discende lo stesso santo eremita piacentino, nato in Calendasco nel 1290, è d’antica stirpe: erano conosciuti già all’epoca di Carlo Magno. Nel medioevo furono Capitani del Vescovo di Piacenza. A Calendasco per quasi duecento anni furono feudatari bonis et juribus: oltre ad essere proprietari della zona e del borgo, dove vivevano nel castello, erano anche gli amministratori della giustizia locale. Sempre furono attenti ai bisogni del presbitero della chiesa del luogo, posto accanto al castello. I Nobili Confalonieri da secoli a Piacenza mantenevano il privilegio di accogliere il nuovo Vescovo, con un cerimoniale descritto molto bene in una carta del 1611 proprio sul santo ed i suoi avi, redatta dopo una ricerca fatta fare dai Priori di Piacenza ed anche già espressamente richiesta allo stesso Vescovo.
Tanti altri documenti elencano le proprietà terriere di questi Nobili in Calendasco. In un atto del 5 novembre 1463 compaiono i fratres de Confanonerii. I nomi dei Nobili che appaiono nelle varie carte sono tanti tra questi ricordo: Helena, Lodovico, Antonio, Aloisio, Bernabò, Maddalena, GiovanBattista, Camillo e Pietro. Continuando nell’analizzare atti miranti ad indicare la presenza dei Nobili nella zona, da cui discese anche il Santo Corrado, ecco una carta scritta di pugno il 2 giugno 1577 dal Confalonieri, circa il diritto di adaquare 52 pertiche di terra prativa accordato al rev.mo pretto Antonio dal milio e con firma autografa del nobile.
Altro atto del 29 novembre 1578 dice della presenza nel borgo di Camillo Confalonieri che concede, sempre allo stesso presbitero, di poter irrigare i prati. Lo stesso, però, deve essere tenuto a contribuire a tutte le spese ligitime che se fa ogni anno a condurre detta aqua da Rivalta a Calendascho alla rotta… fatto il presente acordio scritto di mia mano propria io camillo confaloner afermo quanto di sopra… io pretto antonio del milio prometto acetto et afermo quanto di sopra, seguono quindi le firme assieme a quelle di altri testimoni del patto. Altro identico patto è del 26 aprile 1584 ove si dice fatto di novo la canna del rivo de Calendascho per condurre aqua dal fiume della trebbia allo dicto luogo de Calendascho e compare Ottaviano dal Milio moderno rectore della Chiesa di Santa Maria del detto luogo… Camillo e fratelli delli Confalonerii… Mutio Benzoni… GiovanBattista Zanardo-Lando e tutti questi signori Conti concedono diritto di irrigazione per le terre parrocchiali. Altra carta dello stesso anno dice ill.mi Dominii GiovanBatista, Camillus et BertAntonio fratriis delli Confaloneriis al pretio inter eos conventu di concedere acqua ogni 15 giorni per i prati della chiesa ed è sempre detta venire da Rivalta verso il rivo di Calendasco. Un’altra carta del 1546 è sempre su patti d’irrigazione, a firma di Battista Confalonieri e li ritroviamo ribaditi ancora nel 1578. Sebbene i Rivi siano tanti, quindi, i Confalonieri rimangono i principali detentori delle acque, concedendo le stesse previo pagamento di consumo ed uso.
Della stessa Casata i fratelli Cesare e Livio hanno terre a confine con il molino de sopra e la stessa strada publica de Calendascho. Alla data del 8 ottobre 1558 risulta essere dato a fitto dai Confalonieri il molino posto presso il Castro Calendascho e ancor oggi, nel fossato che fronteggia il castello, quasi al ridosso della entrata poco discosto dalla torre, è visibile l’arco di uscita delle acque in direzione del dislivello che dà su ciò che resta di antiche abitazioni, ove non è quindi difficile individuare la collocazione di questo antico molino.